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Il cono luminoso di fronte a sé le permette soltanto di distinguere nettamente la striscia grigia di asfalto che si srotola perenne, superando il limite che sempre si riproduce nuovo ed uguale al vertice in cui il suo sgurdo si fonde con l'orizzonte.

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La testa ed il corpo erano già svegli da alcuni minuti eppure le palpebre rimanevano incollate e non volevano saperne di aprirsi.

L'aria del mattino penetrava dalla finestra socchiusa, fresca ed impregnata dal profumo dell'oceano faceva fluttuare svogliatamente le sottili tende azzurre. Cercò di muovere le gambe e le sentì rispondere di malavoglia, rigide e doloranti per via dei muscoli ancora invasi dall'acido lattico; era quel dolore intenso ma quasi piacevole che sentiva il giorno seguente ad una lunga corsa. Scandagliando con la mente le estremità del suo corpo percepì la scarpe allacciate strettamente ai piedi; tentò di muovere le dita e no, i piedi erano liberi, ma se li teneva fermi dopo pochi secondi aveva di nuovo quella strana sensazione di indossare ancora le scarpette da corsa.

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