C'era una volta una contadinella che correva, correva: inseguiva i suoi sogni ed era convinta che prima o poi ne avrebbe acchiappato uno, come si prende una farfalla con la retina.
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News Flash
Il cono luminoso di fronte a sé le permette soltanto di distinguere nettamente la striscia grigia di asfalto che si srotola perenne, superando il limite che sempre si riproduce nuovo ed uguale al vertice in cui il suo sgurdo si fonde con l'orizzonte.
La testa ed il corpo erano già svegli da alcuni minuti eppure le palpebre rimanevano incollate e non volevano saperne di aprirsi.
L'aria del mattino penetrava dalla finestra socchiusa, fresca ed impregnata dal profumo dell'oceano faceva fluttuare svogliatamente le sottili tende azzurre. Cercò di muovere le gambe e le sentì rispondere di malavoglia, rigide e doloranti per via dei muscoli ancora invasi dall'acido lattico; era quel dolore intenso ma quasi piacevole che sentiva il giorno seguente ad una lunga corsa. Scandagliando con la mente le estremità del suo corpo percepì la scarpe allacciate strettamente ai piedi; tentò di muovere le dita e no, i piedi erano liberi, ma se li teneva fermi dopo pochi secondi aveva di nuovo quella strana sensazione di indossare ancora le scarpette da corsa.
il Principe Metternich si domandò:
“Quali saranno state le sue motivazioni?”
Quando l'ultimo passeggero uscì dall'area vip del Dulles International Airport di Washington, il pannello luminoso che sovrastava il gate che conduceva alle sale del ritiro bagagli segnava le 11:04 del 26 Settembre 2020.
Ágota Kristóf
(Csikvánd, 30 ottobre 1935 – Neuchâtel, 27 luglio 2011. Scrittrice ungherese naturalizzata svizzera.)
«Fiaba nerissima e sconvolgente, finissimo esercizio psicoanalitico (il doppio, l'identità, la maternità, la sessualità) e filosofico (la verità, la morte, il senso del possesso). Minimale e micidiale.»
[David Frati - Trilogia della città di K.]
La trilogia del terrore, del dolore e della rassegnazione.
Come una canzone dei Joy Division: tragico, freddamente disperato, onirico, doloroso e scritto in maniera essenziale ed incisiva, utilizzando periodi brevi, secchi, lapidari, asettici, completamente ripuliti da ogni traccia di sentimento o di emozione, senza preziosismi e raffinatezze. Un vento gelido.