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Una notte

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Alzati e cammina.
Notte fonda, ma fonda davvero. Notte calda d'estate, silenzio, fruscio di foglie e di quando in quando il richiamo misterioso di un invisibile uccello notturno.
In una mano una caraffa piena di birra gelata, nell'altra una mano calda, che fa battere il cuore: la tua.

Scrutiamo lontano, scaviamo con gli occhi nel buio di fronte a noi. Non ti guardo ma ti vedo sorridere e allora ti stringo la mano più forte. Un brivido, ti piace: ti avvicini un poco ed ora le nostre gambe si sfiorano. Stiamo seduti su un dondolo, uno di quelli orribili che stanno nei terrazzini delle pensioni di mare, con il parasole e le frange colorate e i cuscini sbiaditi dal sole. Sul tavolino di fronte a noi avanzi della cena: frutta fresca e pane. E' stato bello ma so che ora lo sarà ancora di più e mi sento felice. Ho il mondo in una mano, nell'altra la birra.
Dove siamo veramente non lo so, ma non importa. Mi concentro e cerco di attirarti verso di me con la forza del pensiero, con il potere della mia volontà, un esercizio di telecinesi. Certo Uri Geller avrebbe fatto di meglio perché non funziona, te ne stai immobile a fissare lontano. C'è una stella, una soltanto, un puntino bianco che pulsa debolmente, o perlomeno a me così sembra.
Ti dico qualcosa ma non ricordo le parole, certamente qualcosa di divertente perché ridi, ridi e non smetti più, mi contagi ed anche io inizio a ridere.
Rido e sbuffo affannato mentre percorriamo una via deserta tra le case addormentate su una vecchia bicicletta nera. Tu di traverso sulla canna, con le gambe nude accavallate e io, ovviamente, pedalo. Vorrei accarezzarti la pelle liscia e candida ma non posso lasciare il manubrio, mi accontento quindi di avvicinare distrattamente il naso alla tua nuca e respirare il profumo dei capelli setosi che mi solleticano le guance. Ora l'aria è fresca, ha appena smesso di piovere, uno di quei repentini e fugaci temporali estivi, tanto impetuosi quanto brevi. L'asfalto è bagnato e le ruote sollevano spruzzi di acqua argentata e nelle pozzanghere, che evaporano sul suolo caldo dopo una giorno sotto il solleone, si specchia quel puntino bianco che sta ancora lassù e ci osserva. Continua a pulsare, forse pure lei sta ridendo.
Chiudo gli occhi, mi inebrio del profumo di te ed inizio a sognare. Sogno che ti volti, mi guardi, mi abbracci, mi baci. Sogno che lascio il manubrio e che la bicicletta va da sola, non serve né pedalare né condurre; benigna mi concede di essere tutto per te, e tu concedi a me di continuare a sognare, di fare tutto ciò che solo in un sogno è permesso. Fino al risveglio.
Siamo bagnati fradici nuovamente seduti sul dondolo. La pudica aurora dalle guance rosa viene scacciata dal fuoco vermiglio del sole, un piromane incendiario, e il suo fuoco piano piano si distende su tutto il semicerchio dell'orizzonte. Stiamo leggendo, tu con la testa appoggiata al mio petto ed io con un braccio ti avvolgo. Le nostre figure opposte al sole basso proiettano un'ombra infinita che sembra terminare solo nelle tenebre della notte in fuga. E' laggiù che devo andare.
Mi alzo ed inizio a camminare.

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